Care amiche, cari amici,
La prima newsletter di Storia dei Carabinieri su Substack.com è dedicata al Marzo 1821 e ai moti liberali che esplosero in Piemonte. Si tratta di un esperimento che valuteremo nei prossimi mesi.
La storia dei Carabinieri segnala il comportamento dell’allora corpo che si disimpegnò nelle difficili attribuzioni di quei giorni.
Ne abbiamo già parlato nell’episodio 5 del podcast (che vi invito a seguire su Spotify o su Applepodcast). L’attenzione chiaramente non è dedicata ai moti in quanto tali bensì alle vicende dei Carabinieri in quei moti.
Le avvisaglie dei moti erano state avvertite anche dai Carabinieri che avevano partecipato all’arresto di importanti esponenti del movimento prima che l’insurrezione esplodesse ma non fu possibile impedirne lo scoppio.
Si può quindi partire dalla notte tra il 9 e il 10 marzo 1821 quando, in Alessandria, i primi reparti dell’Esercito Sardo si sollevarono chiedendo la promulgazione della costituzione. Non si trattava di un episodio isolato; era già accaduto in Spagna il pronunciamento delle unità spagnole nel gennaio 1820 che avevano costretto Ferdinando VII a concedere la costituzione. Anche in Sicilia e nel Napoletano, rispettivamente nel giugno e nel luglio 1820, vi furono analoghi tentativi insurrezionali.
Così alcune unità sarde, sotto la spinta dei loro ufficiali, proclamarono la costituzione spagnola estendendo progressivamente “a macchia di leopardo” il moto in tutto il Piemonte. Lo ricordo perché non tutti i reparti presenti in Piemonte si sollevarono. Nel nizzardo e in Savoia non vi furono particolari situazioni di criticità, mentre in Liguria il moto ebbe un discreto successo iniziale. In realtà, le sollevazioni si ebbero in Piemonte e in particolare in Alessandria e a Torino, mentre le truppe fedeli a casa regnante si concentrarono a Novara agli ordini del maresciallo de la Tour.
Nonostante alcune incertezze nell’organizzazione, l’insurrezione inizialmente riuscì. Sembrava che Carlo Alberto, principe reggente dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele I in favore del fratello Carlo Felice, fosse favorevole a tale azione di forza. O almeno così pensavano alcuni tra i più importanti congiurati come Santorre Derossi di Santarosa, Giacinto Provana di Collegno, Carlo Emanuele Asinari di San Marzano e Guglielmo Moffa di Lisio. Fu dunque Santarosa che resse la giunta provvisoria anche dopo che Carlo Alberto, sconfessato dallo zio Carlo Felice, abbandonò Torino per riunirsi alle truppe fedeli alla casata regnante a Novara.
Quei giorni furono piuttosto complicati per i Carabinieri Reali, che rimasero prudentemente attenti, limitando le proprie attività al controllo dell’ordine e della sicurezza pubblica. Così, mentre la Giunta non nutriva fiducia nei Carabinieri, i cittadini e le cariche cittadine ne chiedevano la presenza per strada nei servizi di pattuglia. Il 30 marzo 1821 il comandante, colonnello Giovanni Maria Cavasanti, decise di recarsi a Novara per conferire con il maresciallo de la Tour (comandante delle truppe realiste) e ricevere istruzioni. A Torino i Carabinieri rimasero sotto gli ordini del luogotenente colonnello in 1° Alessio Maurizio Des Geneys (fratello di Giorgio Andrea che aveva retto per qualche tempo il comando del corpo tra il 1814 e il 1815). Proprio in quelle ore, però, la Giunta decise di estromettere dal comando gli ufficiali superiori (e dunque anche questi ultimi due). Così proprio Des Geneys decise di agire nell’attesa del rientro del colonnello. Furono dunque fatte rientrare le pattuglie esterne in caserma (l’attuale caserma sede della Legione Piemonte e Val d’Aosta, in piazza Carlo Emanuele II) e approntati gli uomini per la partenza, lasciando in sede unicamente i militari malati e invalidi.
Si decise di partire dal quartiere nel corso della notte del 1° aprile per evitare che, come sembrava stesse per accadere, alcuni reparti costituzionali attaccassero la caserma per occuparla e catturare i Carabinieri.
Così le varie compagnie a piedi e a cavallo uscirono in buon ordine e si diressero verso il ponte sul Po. Tuttavia, proprio in prossimità del ponte, la seconda compagnia a cavallo fu investita da un nutrito numero di costituzionalisti e un maresciallo d’alloggio, Giuseppe Cornaglia, aderì immediatamente alla causa creando scompiglio e confusione tra quei militari che, in parte, seguirono il sottufficiale.
Il resto della colonna riuscì a rimanere compatta e salda lasciando la città in direzione di Novara, ritrovando poi il colonnello Cavasanti lungo il cammino.
Nel frattempo, la parte della compagnia a cavallo che era rimasta scompaginata, complice il buio e le difficoltà di comunicazione, seguì al galoppo e sciabole alla mano i compagni d’arme che si diressero verso piazza Castello dove era schierato un battaglione della brigata d’Alessandria. I soldati di quella brigata ritenendo tali militari a cavallo dei nemici che volevano attaccarli, fecero fuoco su di essi, uccidendone uno e ferendo un altro Carabiniere, oltre a causare la morte e il ferimento di parecchi cittadini che erano presenti nella stessa piazza.
La scelta politica del nuovo re, Carlo Felice, era chiara. Stretta adesione alla causa assolutistica con l’arrivo delle truppe austriache nel regno.
I Carabinieri Reali rientrarono a Torino insieme al resto delle truppe fedeli alla casa regnante e progressivamente fu ripristinato l’ordine pubblico. L’epurazione fu pesante e colpì tutti i partecipanti e non solo i promotori. Molti riuscirono a fuggire all’estero. Altri furono privati di impiego e pensione quando anche non ci fu il sequestro dei beni.
Per ritrovare un testo leggermente diverso e approfondire il tema rinvio al blog qui.